Da metà di dicembre, milioni di piccole palline di plastica bianca, chiamate lacrime di sirena o pellet, hanno invaso le spiagge galiziane.
Una coltre bianca è apparsa sulle spiagge della Galizia, in Spagna, in prossimità dell’estuario di Muros e Noia. A ricoprire il litorale sono state milioni di piccole palline di plastica bianca fuoriuscite a metà di dicembre da una nave.
Le organizzazioni ambientaliste chiedono alle autorità di intervenire immediatamente, ma le istituzioni ancora discutono sulle competenze per risolvere questa vera e propria catastrofe ambientale. Nel frattempo sono intervenuti decine di volontari per raccogliere le sfere.
Il disastro ambientale
Decine di sacchi di pellet di circa 15 chilogrammi l’uno sono iniziati a comparire lo scorso 13 dicembre nella regione di Rias Baixas, soprattutto nell’estuario di Muros e Noia, ma nelle ultime ore hanno raggiunto anche le spiagge più a nord e più a sud della zona. Molti dei sacchetti si sono aperti, spargendo le piccole sfere sulla sabbia, sulle rocce e nell’acqua.
“Le coste sono interessate in un raggio di 80 chilometri. Le abbiamo già trovate su circa 20 spiagge”, spiega Madison Hourihan, insegnante di surf e inglese a Noia e membro dell’associazione ambientalista locale Noia Limpa, che ha lanciato l’allarme sull’inquinamento da microplastiche nella regione.
“E continuerà, perché la plastica sta comparendo anche più a sud, sulla costa portoghese. Se si guarda nella sabbia, in un metro quadrato si possono trovare 500 pellet, ognuno delle dimensioni di una lenticchia”, dice Hourihan.
Da dove arrivano le palline di plastica
I sacchi, etichettati con il nome dell’azienda chimica polacca Bedeko Europe, provengono da una nave da trasporto che a inizio dicembre 2023 stava navigando nei pressi di Viana do Castelo, al largo delle coste del Portogallo, e ha perso sei container, probabilmente durante una tempesta.
Di questi container, una parte conteneva sacchi da 25 chili di pellet di plastica.
Dopo oltre un mese le istituzioni locali e quella nazionale litigano per l’attribuzione dei compiti per il recupero del materiale inquinante. L’associazione ecologica Arco Iris ha chiesto di porre fine “alla clamorosa apatia che sia la Xunta de Galicia che il governo spagnolo hanno dimostrato verso questa grave questione” che “ha messo in chiaro che ancora non dispongono di un meccanismo efficace”. L’organizzazione ambientalista ha chiesto la mobilitazione dell’Unità Militare di Emergenza (Ume) “per rimuovere i pallini di plastica che hanno invaso le coste.”
Forti critiche sono arrivate anche dall’Associazione spagnola dei diplomati della pesca nautica (Aetinape), che ha chiesto una revisione dei “protocolli ambientali” per proteggere la costa da futuri sversamenti simili.
Cosa sono le lacrime di sirena
Il pellet fa parte della categoria delle microplastiche biancastre, chiamate anche “lacrime di sirena“.
Si tratta di perle o granuli di plastica delle dimensioni di una lenticchia (tra 2 e 3 mm), in grado di agire come spugne e assorbire vari contaminanti quando vengono versati nell’ambiente. Proprio nelle loro minuscole dimensioni si annida il pericolo maggiore, visto che pesci, uccelli e tartarughe marine li scambiano per cibo e finiscono per ingerirle, facendole quindi entrare nella catena alimentare e portandoli sulle nostre tavole.
Più in generale, queste microplastiche inquinano gli ecosistemi, soprattutto perché contengono pericolosi additivi chimici e numerosi inquinanti organici persistenti (Pop). Parliamo di sostanze chimiche tossiche sia per l’uomo che per l’ambiente, bioaccumulabili, resistenti alla degradazione e capaci di essere trasportate su lunghe distanze.
Le “lacrime di sirena” sono utilizzate nelle industrie della plastica e vengono fuse per produrre molte delle materie plastiche utilizzate quotidianamente, dalle bottiglie alle componenti delle automobili, dai giocattoli agli utensili da cucina.
Una minaccia ricorrente per gli ecosistemi
Gli ambientalisti affermano che non è la prima volta che queste palline di plastica si arenano a riva e anzi la perdita di questo materiale durante il trasporto, che sia via mare o via terra, “è un tema ricorrente” in tutto il mondo. “Si stima che ogni anno l’industria della plastica e i suoi subappaltatori perdano 160mila tonnellate di pellet solo in Europa“, afferma Lucie Padovani della Surfrider foundation.
Le ONG chiedono che la questione venga regolamentata: ad oggi, infatti, le navi non sono obbligate a dichiarare la perdita del carico e le aziende responsabili non sono tenute ad addossarsi il costo della bonifica, che è carico dei cittadini o delle autorità locali.
Il Parlamento europeo intende esaminare una proposta per regolamentare il settore dei pellet di plastica ad aprile, ma per il momento non includerebbe il trasporto marittimo.